Michele Filippi

Don Giuseppe Dossetti – Il primo ricordo

Il primo ricordo che ho di don Giuseppe è legato alle noci e ad una cucina economica.

Verso la fine degli anni sessanta, poteva essere l’autunno del 1967, passai tre giorni con un amico in una casa alla Ca’ di Vidiciatico per ascoltare la registrazione di alcuni discorsi di don Giuseppe.

Non lo avevo mai visto, ne avevo solo sentito favoleggiare. Io dovevo avere 18 anni.

Quindi incontrai la sua voce prima che la sua persona. Uno dei discorsi era un commento alla regola d’oro.

Il  suo parlare mi faceva venire in mente come i miei genitori mi avevano insegnato da bambino dare lo smalto con il pennello. Bisognava passare e ripassare, e ripassare e ripassare, in un verso e poi nell’altro, perché la vernice penetrasse bene nel legno e perché si stendesse a dovere.

Questo mi sembrò il suo modo di percorrere tante volte il testo, da un parte e dall’altra, da sopra e da sotto.

L’effetto su di me era proprio quello. Il testo si spalmava e penetrava. E si univa anche a quell’effetto un po’ narcotico che  l’andirivieni della mano che tiene il pennello ti produce quando puoi concederti di verniciare senza fretta, con cura e lasciando vagare la mente.

Ma forse il senso di abbandono veniva anche dal calore della legna che bruciava intanto nella cucina economica.

Le noci c’entrano perché ricordo che, mentre ascoltavo, sbucciavo meticolosamente il gheriglio delle noci che avevamo portato e che erano quelle prime noci, ancora un po’ umide, che si lasciano togliere la pelle, con pazienza, anche negli anfratti più interni.

Mi rendo conto adesso che forse con quel trastullo avevo finito per mettermi come in risonanza con l’accuratezza con cui don Giuseppe accarezzava il testo, lo sbucciava delicatamente, cercando di andare a scrutare in profondità, tra parola e parola, tra pertugio e pertugio, nella luce e nel buio.

Ho ancora la bobina della regola d’oro, ma non ho più il “magnetofono Geloso”.

 

Michele Filippi